La terra sotto i piedi con Giuseppe Maria Amato e Carmelo Stompo

Conversazioni con

Giuseppe Maria Amato, antropogeografo
lunedì 1 febbraio 2021 ore 08.30

Carmelo Stompo, fotografo 
mercoledì 3 febbraio 2021

Microsoft Teams codice 70l5wx2

Corsi di Secondo livello in Fashion design
cattedra di Storia dell’Arte contemporanea
docente prof. Vittorio Ugo Vicari

Dare un volto alla desertificazione non è facile, essa è il portato di una complessa serie di cause, climatiche ma non solo, si manifesta in mille modi che ben altra cosa sono dall’idea, diffusa, di luoghi nei quali il paesaggio si trasforma in una copia del deserto letterario, quello degli erg, delle dune e dei dromedari. 

Il lavoro di Carmelo Stompo rende immediata la percezione complessiva della desertificazione, tralascia l’aspetto scientifico e irrompe in quello culturale. La sua visione materializza la desertificazione del suolo, della vegetazione ma anche dell’anima, della cultura, di un paesaggio umano che fu e che oggi non riesce più a tenere saldi i suoi aspetti. Nei suoi grigi sfumano i segni di una agricoltura un tempo fiorente e sapiente, di una modalità di rapporto diretto con la risorsa suolo che oggi non è più, che oggi viene superato non soltanto da un cambiamento globale imminente e imponente ma anche da una visione incapace di giungere ai microcosmi, al dettaglio, al valore di tutte le piccole cose che insieme compongono il giusto “tutto”. 

Visioni oniriche, luci fendenti, scudisciate di verità sapientemente letta, il vero volto di un abbandono, di una resa, di una migrazione del sapere verso altri lidi, verso altre patrie. 

La Sicilia che si desertifica anche come prototipo di una Terra che rinuncia a se stessa. 

Le immagini poi ci narrano di un amore, ancora forte, filiale e per questo irrazionale e inattaccabile, che l’autore ha verso la “sua” terra, verso quelle parti del tessuto planetario che stanno cambiando così come cambiano le fattezze del volto di una madre. 

Sfogliare queste pagine, immedesimarsi con le immagini, guadagnare il punto di vista del fotografo, ci consente di impadronirci dell’idea stessa di desertificazione, di superare quella incredulità innata al cambiamento scoprendo che lo stesso cambiamento è in atto, è parte del nostro paesaggio, è il genitore di tempi con i quali dovremo fare i conti. Così le immagini divengono non solo netta constatazione, cronaca realistica, ma anche grido di dolore, manifesto di intenti, accorata richiesta di aiuto.