Variazioni sulla luce — SoundAbact 1#

SoundAbact è un appuntamento aperiodico in cui l’Accademia di Belle Arti di Catania si confronta con il tema del suono, nei suoi più vari aspetti: “il suono come medium dell’arte” (questo era propriamente il titolo di una delle prime mostre retrospettive di Sound Art (Innsbruck, 1979). Il suono quindi come medium pervasivo nella realtà che ci circonda, il paesaggio e il paesaggio sonoro, l’ambiente e l’ambiente sonoro, l’ecologia e l’ecologia acustica, il suono nei media, nella realtà fisica e nella realtà virtuale.


SoundAbact potrà ospitare lecture di artisti o studiosi, performance, concerti, lavori e proposte di studenti, dei docenti e di chiunque sia interessato alla riflessione sull’ascolto, sulla produzione e sulla dimensione sonora della nostra vita.

Variazioni sulla luce -SoundAbact 1#

In questo primo appuntamento, si è scelto di costruire un ponte e di mettere insieme due paradigmi: il paradigma acustico e il paradigma visivo. Per quanto riguarda la formazione superiore, sino a pochi anni fa e in larga parte tuttora, l’Accademia di Belle Arti in quanto istituzione, ha costituito nel nostro Paese il punto di riferimento, per quanto concerne le arti visive.
Da quando l’Accademia ha accolto le ultime riforme legislative sulle declaratorie disciplinari, da ormai circa vent’anni, si è anche finalmente accorta che il mondo dell’arte non possiede dei limiti intrinseci.

Il mondo dell’arte risulta oggi più che mai strettamente connesso alle forme sia storiche che contemporanee di multimedialità, dal teatro al cinema, alla radio, al web, dalla poesia all’arte concettuale.
Di conseguenza il mondo dell’Accademia si è accorto – o magari non lo ha fatto ancora del tutto – che il suono e la dimensione sonora dell’esperienza non potevano essere esclusi da questo mondo, e non potevano essere lasciati unicamente nelle mani di chi ha detenuto il “sapere istituzionale” sul suono, i Conservatori di Musica da un lato, e le Facoltà di Ingegneria, dall’altro. Ecco che nasce pertanto, nel mondo dell’arte e nelle Accademie l’interesse verso la Sound Art e verso l’impiego del suono nei media. Tuttavia, rimane il fatto che l’impostazione storica Accademia proviene dalle arti visive: il paradigma di riferimento è un paradigma visivo, retinico direbbero alcuni studiosi (cfr. Barbanti, 1989). Mentre il suono, l’arte e le scienze del suono, sono pertinenti ad un altro paradigma culturale: il paradigma acustico. La vista si basa sull’esistenza della luce e sulla capacità dell’essere vivente di percepirla, l’udito fonda il suo essere sul suono e sul nostro modo di percepirlo. Due fenomeni fisici e fisiologici, da cui derivano due paradigmi culturali che si basano su forme sensoriali profondamente diverse, ma anche profondamente simili allo stesso tempo. La luce si propaga sia nel vuoto sia in presenza di un medium, il suono, invece, ha necessariamente bisogno di un medium per la sua propagazione (l’aria, l’acqua, la terra, etc.); la luce possiede velocità di propagazione altissime rispetto a quelle del suono: 300.000 Km/sec contro ~ 343 m/sec: la luce è più veloce del suono di circa 87.463 volte. Anche le storie evolutive della percezione della vista e della percezione sonora seguono percorsi e tempi totalmente indipendenti: alcuni protozoi (alghe azzurre) sono sensibili alla luce e sono tra i primi esseri viventi a formarsi sul pianeta (più di tre miliardi di anni fa), mentre per assistere alla comparsa delle prime forme di percezione acustica dobbiamo aspettare l’evoluzione interna di organi tattili (ciglia cocleari): organi di ascolto veri e propri cominciano a configurarsi soltanto negli Agnati (ad es. la lampreda) e nei Pesci (grazie all’organo dell’otolite) tra i 420 e i 390 milioni di anni fa.
D’altra parte è noto che non sempre “l’ontogenesi ricapitola la paleogensi” (legge di Haeckel): nel feto umano gli organi dell’udito in relazione alla risposta a stimoli acustici si formano a partire dalla ventunesima settimana di gravidanza mentre la formazione degli organi della vista in relazione alla risposta allo stimolo luminoso si registra soltanto dalla trentesima settimana. Contrariamente a tutte queste differenze, luce e suono condividono in maniera stupefacente alcuni modelli di descrizione fisica e matematica: la descrizione dei fenomeni ondulatori, e i molti effetti ad essi conseguenti, riflessione, riverberazione, assorbimento, risposta in frequenza, timbro e colore, effetto Doppler, red shift, etc.

Oltre a ciò vista e udito condividono alcuni modelli antropologici di analogia percettiva di cui, soltanto per citarne uno, il più evidente è la coppia analogica e antinomica suono acuto-luce chiara, suono grave-luce scura. In considerazione di queste analogie e differenze, proprio come fanno usualmente i musicisti, lavorando e rielaborando un tema offrendone sue – potenzialmente infinite – variazioni, il corso di Progettazione di Spazi sonori e la produzione dei lavori qui presentati si sono concentrati sul tema della luce e della sua assenza, il buio. Luce e oscurità divengono al tempo stesso provocatori (trigger) e controllori, (controller) degli eventi sonori messi in campo.

Installazioni sonore di

  • Sabrina Di Paola e Tiziana Zagami, con Sound Atmosphere
    un lavoro in cui il suono evoca atmosfere del mondo naturale, attraverso una realizzazione che tuttavia si pone come totalmente mediata culturalmente: in una stanza buia o in penombra due coppie di lampade e sensori, controllano gli eventi sonori nel loro ondeggiare come pendoli perpetui. In un caso è la sorgente luminosa che si sposta mentre il sensore di luminosità è fermo, e questa variazione di luminosità da origine a suoni diversi e micro-variazioni degli stessi, nell’altro caso è il sensore a muoversi mentre la sorgente luminosa è ferma, dando origine a movimenti spaziali tra le sorgenti elettroacustiche. La relatività e l’interscambio tra natura e cultura diventano elemento sonoro, atmosfera udibile.
  • Mario Bronzino e Silvia Muscolino, con Tu, l’acqua, la luce
    un percorso esperienziale sulle rampe di scale, uno spazio di attraversamento, uno spazio ad uso pratico, sul quale poco ci si sofferma. Georges Perec, in Specie di Spazi diceva “dovremmo trovare un modo di vivere di più sulle scale, ma come?” Il lavoro proposto suggerisce una modalità di fruizione: attraverso il puntamento di una lampada su alcune immagini obiettivo, il sensore inserito nell’immagine colpita dalla luce provoca la generazione di un file sonoro che riporta ad un’esperienza, un approssimarsi progressivo all’acqua sino ad immergersi in tale fluido, terminando con l’esecuzione “amniotica” di un brano elettroacustico, che evoca tali caratteristiche. Lo strumento dato in mano al fruitore è una lampada, come Diogene soleva passeggiare di giorno con una lampada accesa, per fare luce sulla vita e sulle sue domande, sull’esperienza e sui suoi enigmi.
  • Diego Greco, con The song of dying cells
    porta l’azione e la conseguente riflessione in un ambito puramente digitale: i valori di luminosità sono estratti da alcune immagini in termini di valori medi di colorazione dei pixel dell’immagine digitalizzata. Tali valori veicolano la scelta di alcuni suoni e la loro trasformazione nel tempo. Le immagini rappresentano foto al microscopio di cellule tumorali, in lenta dissolvenza. Il software di programmazione e sintesi sonora stesso, che trasforma i valori di luminosità in suono, viene dunque mostrato nella sua interfaccia grafica, oggetto stesso di visione ed scarna estetizzazione. La malattia, l’annientamento, la dissolvenza al nero, l’immagine come superficie intesa qui come Spettacolo in senso debordiano, le operazioni numeriche operate dalla macchina di controllo e generazione, sono protagoniste di un processo che parte dalla luce e dall’oscurità per diventare suono. Dal bidimensionale dell’immagine al tridimensionale del suono, un intimo atto di rivolta e di denuncia al tempo stesso.
  • Domenico Litrico, con Corrispondenze
    mette in opera a sua volta un confronto tra mondo fisico (il variare del colore di una luce a led pre-programmata), e la sua rappresentazione-interpretazione virtuale, sonora e visiva ad essa associata. Si tratta di una relazione e quindi una corrispondenza che avviene sia tra questi due mondi del reale e del virtuale, sia tra i mondi della luce e del suono. Sarebbe facile, semplificando, pensare alle sinestesie di Rimbaud, tuttavia la presenza della rappresentazione digitale pone il problema dell’immagine e del suo doppio, di ciò che l’immagine dell’oggetto è per i nostri occhi, e che cos’è l’immagine dell’oggetto rappresentato, mentre il suono ad entrambe associato emerge come atto volontario, fortemente arbitrario e soggettivo da parte di un individuo, l’artista, che pone in essere tale relazione.
  • Tiziano Lotta, con Follow the river
    propone un lavoro interamente giocato nella rappresentazione virtuale dell’animazione digitale. Una sfera/sole compie un percorso aereo tra ambienti naturali simulati, fiumi e foreste, mentre il dato ambientale – la luce – agìta dal fruitore attraverso il semplice movimento dell’aprire e chiudere lo scurante di una finestra, influenzerà in tempo reale sia la produzione dell’immagine che la produzione sonora, il ciclo notte-giorno, la qualità e la ritmicità chiara o scura del suono. La distanza-vicinanza del fruitore dallo schermo agirà invece sul volume del suono percepito. Ci troviamo investiti nel ruolo di fruitore come playformer (cfr. Frazzetto, 2014) da un lato, d’altro lato coinvolti in un’azione mediata dall’ambiente, investiti infine dall’essere e dall’abitare come corpo fisico in uno spazio che porta le sue conseguenze in un modo immaginario e immaginato, il cui portato a sua volta ricadrà inevitabilmente nel mondo reale che l’ha prodotto, sui suoi abitanti e sull’ambiente stesso.