a

– a cura di

Gianni Latino

– con la collaborazione di

Giorgia Di Carlo
Ludovica Privitera
Gianpiero Vincenzo

– progetto grafico

Gianni Latino

– impaginazione folio

Leonardo Maltese

– comunicazione digitale

Erik Denaro
Sofia De Grazia
Federica Mariaclaudia Grasso
Elisa Lanza
Leonardo Maltese
Alessandra Mastroeni
Claudio Massari

– video istituzionale

Marco Bitto
Leonardo Maltese

a

– documentazione fotografica

Adele Calcopietro
Giuliana Giannetto
Milena Nicolosi

– documentazione fotografica

Adele Calcopietro
Giuliana Giannetto
Milena Nicolosi

– sito internet istituzionale

Federica Mariaclaudia Grasso

– video documentario

Erika Roberta Calogero

– sonoro in mostra

Catherine Vaccaro

– diffusione

Marta Amato
Agata Cavallaro
Myriam Lo Bianco
Claudio Massari
Rachele Romano
Valentina Scalisi
Catherine Vaccaro
Marco Valenti

a

– Coordinamento mostra

Gianni Latino
con Samantha Amodio

– realizzazione allestimento

studenti prino anno del biennio
di Design della comunicazione visiva
Accademia di Belle Arti di Catania
a.a. 2018—19

– segnaletica

Samantha Amodio
Adriana Alberghina

– controllo qualità

Alessandro Di Fede

– impianti e stampa

Grafica Saturnia, Siracusa

a

Dipartimento di
Progettazione arti applicate
scuola Progettazione artistica per l’impresa
corso di Design
della comunicazione visiva
di Secondo Livello
DASL06—

— professore coordinatore
Gianni Latino

— professori
Giuliana Arcidiacono
Giuseppe Maurizio Astuti
Giorgia Di Carlo
Giuseppe Frazzetto
Giovanna Giordano
Gianni Latino
Marco Lo Curzio
Ludovica Privitera
Luca Tornatore
Vincenzo Tromba
Gianpiero Vincenzo

— cultori della materia
Maria Nora Arnone
Isabella Gliozzo
Olga Gurgone
Alessia Raiti
Tommaso Russo
Francesca Sanfilippo
Enrico Tomarchio

Il 27 gennaio ricorre l’anniversario della liberazione degli ebrei prigionieri del campo di concentramento di Auschwitz, da parte delle truppe dell’Armata Rossa, nel 1945.
Per questo motivo si è stabilito di celebrare proprio in questa data il Giorno della Memoria. Lo ha deciso l’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 1º novembre 2005, durante la 42ª riunione plenaria, per commemorare le vittime della tragedia dell’Olocausto.
Nel giugno 1960 viene pubblicato dalla Feltrinelli nella collana «Universale Economica» con il numero 312/UE la prima edizione del libro Pensaci, uomo! a cura di Piero Caleffi (1901–1978) e Albe Steiner (1913–1974) riedito nel gennaio 2012. «Per Albe e Lica Steiner le immagini riprodotte in questa pubblicazione erano materiali preziosi, da non disperdere, perché, “un giorno”, scomparsi i testimoni, qualcuno certamente tenterà di negare la storia.» Documentare e comunicare. (Anna Steiner, 20122).
La premessa scritta da Caleffi è destinata a quanti, indifferenti, increduli, “apolitici”, egoisti, “ignorano” che altri cinque milioni di persone soltanto perché nate da una determinata stirpe, quella ebraica, furono distrutte nei modi più efferati nei campi di sterminio.
Il libro è destinato a quanti non sanno e non credono che la libertà degli individui dei popoli, e quindi la solidarietà umana, sono le uniche garanti contro la sopraffazione, contro la crudeltà, contro la violenza; e indulgono ancora oggi ai miti che hanno fatto scatenare la più grande strage della storia.
Gli studenti del primo anno del Biennio di Design della comunicazione visiva, progettano artefatti comunicativi —dei poster 70x100 cm—, rappresentati visivamente con immagini e testi.
Trentatré manifesti in mostra a testimoniare una memoria frammentata, non vissuta, progettati in chiave contemporanea con ricerca narrativa, ricordi e testimonianze a distanza di settantaquattro anni. Giovani studenti, giovani grafici, che guardano al passato —Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo— scriveva Primo Levi (1919–1987) nel suo libro Se questo è un uomo, pubblicato nel 1947 da una piccola casa editrice torinese, la Francesco De Silva, diretta all’epoca da Franco Antonicelli.

— un particolare ringraziamento a
Anna Steiner

— si ringraziano
Franco Anzelmo
Luciano Catotti
Marco Giannì
Dario Leonardi
Salvatore Lo Giudice
Luigi Ugolini

— autori in mostra
Adriana Alberghina
Giovanni Alfano
Marta Amato
Samantha Amodio
Marco Bitto
Adele Calcopietro
Erika Roberta Calogero
Agata Cavallaro
Sofia De Grazia
Erik Denaro
Carla Garipoli
Giuliana Giannetto
Federica Mariaclaudia Grasso
Elisa Lanza
Myriam Lo Bianco
Erika Loreto
Leonardo Maltese
Marco Marcellino
Simona Mascaro
Claudio Massari
Alessandra Mastroeni
Federica Polizzi
Emanuela Prato
Rachele Romano
Noemi Salanitro
Valentina Scalisi
Valeria Sciacca
Letizia Stancanelli
Valeria Tambuzzo
Luigi Ugolini
Catherine Vaccaro
Marco Valenti
Mattia Zingale

Flusso di coscienza
Adriana Alberghina
Il ricordo danza nel vortice della memoria portando con sé la macchia indelebile di una cieca atrocità compiuta a dispetto dell’uomo, della vita. Parole come persone disposte in cerchi, mano per mano, annientano la disuguaglianza e s’innalzano come vessilli di pace, equidistanti dal medesimo centro.
Un passo dopo l’altro
Giovanni Alfano
«È stata una cosa inimmaginabile. [...] uomini morti per lo sfinimento [...] o finiti dai soldati della scorta con una fucilata alla testa. Io non li guardavo, andavo avanti, un passo dopo l’altro, come ubriaca, perché volevo vivere, non volevo morire.» Liliana Segre.
Fermati a ricordare
Marta Amato
Questo manifesto ha l’obiettivo di comunicare l’immane sofferenza che ha vissuto un uomo durante la strage di Auschwitz. Vuole inserire l’occhio di chi guarda nella visione di profondo malessere che ha colpito uomini innocenti. È importante non dimenticare ma fermarsi a ricordare.
La demolizione dell’uomo
Samantha Amodio
« Non c’è dove specchiarsi, ma il nostro aspetto ci sta dinanzi, riflesso in cento visi lividi, in cento pupazzi miserabili e sordidi. Eccoci trasformati nei fantasmi […] Per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione dell’uomo. » Primo Levi, Se questo è un uomo, 1947.
6.090.000
Marco Bitto
Il manifesto rappresenta 20 campi di concentramento con le rispettive morti accertate in ogni singolo campo, l'ordine di essi é crescente in base alla quantità di morti. Venutasi a formare una spirale, il centro del manifesto é occupato dalla totalità dei morti accertati all'interno dei campi.
Memoria
Adele Calcopietro
“Meditate che questo è stato”, si legge in una poesia di Primo Levi. Un verso che riflette tutto il valore e l’importanza della memoria affinché ciò che è stato non si ripeta e, soprattutto, l'impossibilità della rassegnazione all'orrore continui a restare custodita nel tempo di chi sopravvive.
Passato presente
Erika Roberta Calogero
Studiare gli errori del passato, scrutandoli, ci aiuta ad essere migliori e a cercare di non ripetere quegli sbagli che hanno ucciso milioni di sogni e di speranze. Octavio Paz scriveva “la memoria è un presente che non finisce mai di passare”. E non deve passare mai.
Tu sei memoria
Agata Cavallaro
27/01/45. La data, che porta con sé gli orrori dei campi di sterminio, senza segni di separazione allude al numero di matricola di chi ha vissuto quelle atrocità. Ciò che tracima dal passato è la data odierna: un nuovo numero di matricola che marchia il fruitore come custode della memoria.
25T
Sofia De Grazia
25T è il convoglio sulla quale Andra e Tatiana Bucci, di 4 e 6 anni, hanno viaggiato verso Auschwitz. Le sorelle, ritenute gemelle, furono liberate prima che il dottor Mengele potesse sottoporle ad atroci esperimenti. Oggi affermano: < tutti hanno dimenticato ed è per questo che raccontare è fondamentale >.
Tracciati nella memoria
Erik Denaro
La Stella di David, rappresentazione simbolica delle vittime, spersonalizzate, annichilite; genera una trama su di asse verticale, nel tempo, dove passato presente e futuro si intersecano nel ricordo, nella memoria, nella permeabilità dell’eterno.
Impressioni
Carla Garipoli
Le Stehzelle erano celle in cui i deportati in punizione venivano rinchiusi. I numeri ammassati dei quattro tatuaggi simboleggiano la confusione emotiva, l'angoscia e la paura costante dei deportati. La geometria del quadrato richiama il grado di precisione e la logica ferrea con cui i nazisti gestivano l'organizzazione del campo.
I Szörényi
Giuliana Giannetto
Ad 11 anni Arianna Szörényi viene deportata insieme alla famiglia ad Auschwitz-Birkenau, perde tutto rimanendo solamente un numero. Riesce a scampare ai forni crematori per sette volte ma la sua esperienza segna il resto della sua vita, quel numero riaffiora alla memoria come un’ombra del passato che continua a soffocarla.
Umanità in blocchi
Federica Mariaclaudia Grasso
Riferimento al monumento alla memoria di Peter Eisenman, a Berlino. Un labirinto imperfetto, dispersivo e soffocante che fagocita il visitatore. Il cuneo rosso diventa monito inquisitore verso l’uomo, rievocando l’ombra di sangue e sofferenza nel passato, affinché non si ripeta.
Storie incise
Elisa Lanza
Nel 1992 Gunter Demnig avvia un progetto artistico che è ancora in corso, quello delle Pietre d’inciampo: piccoli sampietrini collocati nei pressi delle abitazioni dei cittadini deportati. Quest’installazione, che coinvolge più di 20 paesi europei, è oggi considerata il più grande memoriale decentrato del mondo.
Fede 75190
Myriam Lo Bianco
«Chi è tornato per raccontare, è rimasto essenzialmente il numero di Auschwitz […] Ma credo che quel numero sia motivo di onore per chi, avendo perso tutto nella Shoah, non ha perso la sua mente, non ha perso la sua anima, non ha perso la memoria di quella serie interminabile di numeri.» Liliana Segre.
Numeri che si leggono lettere
Erika Loreto
Non sono soli numeri ma storie che si celano dietro di essi. Ogni matricola tatuata sulla pelle ha segnato profondamente la persona annullandone l’essenza. Ed è propio per questo che alcuni numeri sembrano lettere e creano nomi, che non sono solo nomi ma storie che devono essere raccontate e ricordate.
Indifferenza
Leonardo Maltese
Davanti alle peggiori crudeltà molte persone sono rimaste impassibili. Bisognerebbe arrestarsi e riflettere di fronte alle condizioni di quelle persone e allo scempio subito nel perdere la propria identità, nel vedere la propria pelle bruciarsi e i propri capelli cadere. «l’opposto dell’amore non è l’odio ma l’indifferenza».
Se questo è un uomo
Marco Marcellino
Soffermarsi, riflettere e non dimenticare. Ecco che nasce un rapporto psicopercettivo con il fruitore che, solo soffermandosi, riesce a riconoscere non più una massa grigia indistinta, ma singoli omini iterati serialmente, privati del volto, del sesso, della dignità e della loro vita.
Libertà
Simona Mascaro
Il filo spinato chiuso che rappresenta la deportazione, la prigionia e la morte nei campi di concentramento, finalmente riesce a spezzarsi come simbolo di liberazione dei perseguitati alla ricerca della libertà e della vita.
Sopravvivere per raccontare
Claudio Massari
Ruth Webber aveva solo quattro anni quando venne deportata nei campi di concentramento. Mentre era in prigionia, Ruth disse: «Dobbiamo sopravvivere per raccontare al mondo cosa sta succedendo», ed è quello che succede ogni anno affinché ogni storia non venga dimenticata ma venga ricordata.
Genocidio
Alessandra Mastroeni
«È stata una cosa inimmaginabile. [...] uomini morti per lo sfinimento [...] o finiti dai soldati della scorta con una fucilata alla testa. Io non li guardavo, andavo avanti, un passo dopo l’altro, come ubriaca, perché volevo vivere, non volevo morire.» Liliana Segre
Binario verso l’ignoto
Federica Polizzi
Su quel binario milioni di persone vittime del nazismo, ignari delle atrocità che di lì a poco avrebbero subito, venivano trasportati verso la fine della loro esistenza.
Senza nome
Emanuela Prato
Attraverso l'utilizzo di un codice a barre dalle sembianze umane, e delle quindici cifre centrali corrispondenti alle lettere dell'alfabeto che compongono il titolo del manifesto, si vuole mostrare come l'identità dell'uomo sia stata annientata.
Pericolo di emulazione
Rachele Romano
«Si può sottomettere il corpo, mai la mente» scrive Anna Steiner. Impegnarsi per imitare le opere, le imprese o le qualità di qualcuno è alla base dell’apprendimento umano. Conoscere, discernere eventi passati è necessario per assumere la corretta posizione con la mente e le azioni in eventi odierni e futuri.
Cuore pensante
Noemi Salanitro
“Tutte le volte che mi mostrai pronta ad accettarle, le prove si cambiarono in bellezza”. Etty Hillesum.
Il pensiero di Etty Hillesum è un inno alla vita e un invito alla lotta con gioia, come quella che bisogna combattere contro la violenza perché è in gioco sempre e solo un principio irrinunciabile, la libertà.
Quello che so è che non so nulla
Valentina Scalisi
Il ricordo di chi ci ha lasciato, la mancanza di umanità, i “timbri della vergogna”, la diffusione dell’odio verso i “diversi”, l’indifferenza della “mala gente”contemporanea che permise che ciò accadesse. Una riflessione su ciò che è stato e che continua in altre forme a ripetersi. Tecnica mista inchiostro, fotografia e pittura acrilica.
Rinascere dal dolore
Valeria Sciacca
Il filo spinato che si tramuta nel fiore Crocus simboleggia la rinascita, costruita però sul dolore. Il fiore di Crocus è stato scelto per simboleggiare la Stella di Davide. Esso sboccia tra fine Gennaio e inizio Febbraio, quando è stata istituita la Giornata Mondiale della Memoria.
Fuoco, cenere, memoria
Letizia Stancanelli
In alchimia il triangolo equilatero rivolto verso l’alto simboleggia il fuoco, un moto ascendente con azione distruttiva. Sulle vesti dei deportati politici oppositori del nazismo era cucito un triangolo di stoffa rossa. Gli elementi si ripetono e si trasformano in cenere oscillante e instabile.
1010
Valeria Tambuzzo
La forza estrema della propria coscienza di uomo. Jan Liwacz, fabbro polacco, matricola 1010, incaricato di forgiare la macabra scritta “Arbeit macht frei” di Auschwitz, al momento di saldare le lettere, decide di capovolgere la “B”, in un silenzioso grido di ribellione che diventa simbolo della dignità di una moltitudine di perseguitati.
La custodia della libertà
Luigi Ugolini
Così fu chiamata la gabbia di filo spinato carica di corrente elettrica e sorretta da piloni posti lungo il perimetro del campo di Auschwitz. Il manifesto ricorda l'autentico senso dell'essere liberi, una volontà dell'anima, la tensione di un gesto teso verso l'illimitato.
Frammento
Catherine Vaccaro
(Fotografia per gentile concessione di Gabriele Croppi) Un frammento altro non è che la frattura o rottura non sempre materiale, ma in questo caso morale. Avranno perso la vita per far valere i loro diritti, civili e religiosi, ma non hanno perso la propria anima perché racchiusa in delle semplici parole pervenute fino ai nostri giorni!
Menorah
Marco Valenti
manifesto vuole ricordare la tragedia che colpì maggiormente il popolo ebraico, con la raffigurazione del menorah, composto da strisce per rievocare l’ultimo indumento che furono obbligati ad indossare. La parola "ricordare" in sette lingue diverse chiarisce che non furono solo ebrei a subire un trattamento disumano.
Illusione
Mattia Zingale
Arbeit macht frei, "Il lavoro rende liberi", è questa l'insegna che i tantissimi deportati di Auschwitz leggevano arrivati al campo di concentramento, un'illusione che si sgretolava una volta oltrepassato quel cancello. Qui si evincono la freddezza e il cinismo con cui ogni dettaglio veniva curato.